A nessuno piace perdere
Come capire se mantenere un investimento è semplice accanimento terapeutico
A nessuno piace perdere;
in effetti faremmo quasi di tutto per evitarlo.
Gli accademici hanno anche un nome per questo fenomeno.
Si chiama avversione alle perdite.
La ragione per cui siamo così disturbati dalle perdite è che sentiamo il dolore della perdita più acutamente di quanto sentiamo il piacere del guadagno.
In altre parole, ci piacerebbe vincere, ma sicuramente odiamo perdere.
Immagina che alcuni anni fa tu abbia ingaggiato un consulente e costruito un piano finanziario basato sui tuoi valori e obiettivi.
Hai un portafoglio personalizzato, composto da investimenti diversificati a basso costo studiato appositamente per rispondere alle tue esigenze.
Ma hai ancora un piccolo sporco segreto: quel titolo che tuo cognato ti ha raccomandato anni fa (“è un affare sicuro!”) ed è crollato subito dopo che l'hai comprato, come se aspettasse solo te per inabissarsi nelle profondità dell’Atlantico come il Titanic.
Chiaramente non rientra nel tuo piano odierno, non risponde ad alcuna tua effettiva esigenza e non rientrava in alcuna logica d’investimento nemmeno quando tuo cognato te lo ha consigliato, era solo una scommessa.
Ogni pensiero razionale, qualunque tipo di logica finanziaria ti dice che è tempo di sbarazzartene.
Ma non tu lo fai.
Anzi, se per puro errore capiti sulla pagina dell’internet banking in cui è presente insieme al suo angosciante -xx% ti viene la pelle d’oca e d’istinto spegni il computer.
Come mai? Perché tenere un cadavere in cantina?
Perché fare la scelta di vendere non significherebbe solo ammettere di aver sbagliato, significherebbe anche realizzare una perdita (e non parlo solo dal punto di vista fiscale).
E come innumerevoli studi hanno dimostrato*, siamo programmati per fare di tutto per evitarlo.
Mi capita con una certa frequenza (quest’anno in particolare) di parlare con investitori che hanno polizze o interi portafogli con costi molti elevati, poco efficienti e in forte perdita.
Nonostante vengano messi di fronte alla triste realtà relativa ai costi che stanno sostenendo e che rendono antieconomico mantenere l’investimento, piuttosto che vendere in perdita mandano giù il boccone amaro e perseverano: “venderò quando tornerò in pari”.
Sfortunatamente per recuperare un -20% è necessario ottenere un +25% e farlo se si sostengono costi del 3% all’anno diventa molto difficile.
La Prova dell'Ancora ⚓
Fai un esperimento: immagina di essere andato a letto e, durante la notte, qualcuno ha venduto le azioni del cognato (o la tua polizza/portafoglio in perdita) e ha depositato il ricavato sul tuo conto corrente.
La mattina dopo, hai una scelta: puoi riacquistare lo stesso titolo allo stesso prezzo, oppure puoi prendere quei soldi e aggiungerli al tuo portafoglio efficiente, ben progettato e con costi contenuti.
Cosa faresti?
La chiamo "prova dell'ancora" perché serve ad affrontare una delle distorsioni cognitive più comuni e studiate dalla finanza comportamentale: l'ancoraggio.
Quel meccanismo mentale per cui tendiamo a prendere delle decisioni basandoci su un dato numerico che abbiamo in testa e che usiamo come punto di riferimento.°
La "prova dell'ancora" è fantastica perché cambia la tua prospettiva, dalla realizzazione di una perdita all'investimento intelligente.
In realtà la trovo molto utile per qualunque investimento presente nel tuo portafoglio, che sia in perdita o meno. Che sia adagiato sul fondo dell’Atlantico da un lustro o sia atterrato sulla Luna e sia poi rimasto lì fermo a guardarti tutte le notti di luna piena.
Ti dà la distanza emotiva e la chiarezza necessarie per prendere la decisione giusta.
E a volte, è tutto ciò che serve.
* Tra cui il lavoro per cui lo psicologo israeliano Daniel Kahneman si è aggiudicato il Nobel per l’economia nel 2002.
A tal proposito consiglio la lettura dello stupendo: “Pensieri lenti e veloci”.
° Lo stesso fenomeno su cui si basano sconti e offerte: